Perché politica ed economia sembrano non andare d’accordo?

da | Set 7, 2022 | Approfondimenti

In vista delle elezioni del 25 settembre, che decreteranno il prossimo Presidente del Consiglio, stiamo assistendo a delle campagne elettorali notevoli, in cui si promettono riforme economiche di un certo spessore. Eppure una domanda riecheggia nella mente dei tanti elettori che dovranno decidere a chi affidare il Governo per i prossimi, quantomeno si spera, cinque anni.

 

“Perché Politica ed Economia sembrano andare verso due direzioni opposte?”

La domanda sorge spontanea nel momento in cui i vari partiti iniziano a proporre tra le più svariate delle idee, ad esempio: flat tax, abolizione o mantenimento reddito di cittadinanza, salario minimo, cashback fiscale e chi più ne ha più ne metta.

Non è però mio interesse quello di andare a focalizzarmi sui singoli punti dei vari partiti, quanto cercare di capire perché tutti, o quasi, sembrerebbero essere accomunati dallo stesso problema, ovvero proporre riforme economicamente insostenibili per le casse statali.

Per cercare di dare una risposta quanto più completa ed esaustiva a questa complessa domanda ho deciso di analizzare alcuni dati collegati al mondo della Politica, dello Stato italiano e la sua presenza all’interno della vita del cittadino.

 

Iniziamo analizzando la posizione del cittadino in relazione al mondo della Politica.

Sappiamo che in Italia ci sono 46 milioni di potenziali elettori complessivi, di questi però il 10% [4,9 milioni] rischia di non poter votare alle elezioni del 25 Settembre.

Il Motivo?
Nel 2022, l’Italia non si è ancora mossa sul fronte “Elettori fuori sede” costringendo quest’ultimi a dover tornare nel proprio comune di residenza o ad astenersi dal voto.
A questo grave problema si aggiunge l’incapacità dei partiti di riuscire a parlare a quasi la metà del Paese. Si stima infatti che 4 elettori su 10 non andranno a votare o sono indecisi, come se non bastasse il 25 Settembre si rischia di avere le elezioni con meno affluenza della Storia.
Un altro allarmante dato, riguarda l’incapacità dei cittadini di leggere un programma politico.
Si parla infatti di “Analfabetismo funzionale” e si stima che 11 milioni di cittadini non solo non siano in grado di leggere un programma politico, ma anche un articolo di giornale o un approfondimento culturale.

Se è vero che dovrebbe essere interesse personale accrescere la propria cultura è altrettanto vero che lo Stato dovrebbe fornire al cittadino tutti gli strumenti necessari per poter crescere.

 

Lo Stato Italiano è stabile? Presente?

Stabilità e Stato italiano sono due parole che, purtroppo, non vanno proprio d’accordo. Basti pensare che dal 1990 ad oggi, in Italia, il capo del governo è cambiato ben 17 volte. Poco da dire, nessuno mai come l’Italia che sembra non voler rinunciare a questo bel primato.

D’altro canto lo Stato Italiano è uno Stato Sociale molto sviluppato e molto presente, forse anche troppo.

  • Se non hai i soldi per curarti, lo Stato ti aiuta;
  • Se volete mandare i figli a scuola ma non potete, lo Stato vi aiuta;
  • Se perdete il lavoro, lo Stato vi aiuta;
  • Se non hai mai versato contributi e vai in pensione, lo Stato ti da una pensione;
  • Se sei nullatenente e disoccupato, lo Stato ti da il Reddito di Cittadinanza.

Se da un lato sappiamo di avere uno Stato che nel “bene” e nel “male” ci coprirà le spalle, dall’altro questa generosità crea due grossi problemi sia a noi che allo Stato:

  • Tasse. Ebbene si perchè lamentarsi dell’elevato numero di tasse che paghiamo è facile, ma in pochi riescono a capire che il motivo per cui l’Italia ha un debito pubblico così grande ed il motivo per cui siamo tenuti a pagare così tante tasse è dovuto all’elevata generosità dello Stato a cui, forse, dovremmo chiedere meno.
  • Immobilismo. Un termine forte, ma credo che meglio rimandi l’idea di un problema troppo rilevante per essere preso alla leggera o addirittura ignorato. Immobilismo significa staticità, che a sua volta significa decrescita, o forse per meglio dire, crescita negativa. Qualcosa che l’Italia non può permettersi, perchè a pagarne le spese non è solo il capitale economico ma anche quello sociale.

Il capitale sociale è, sicuramente, la categoria più penalizzata da questa situazione.
Quando parlo di capitale sociale non parlo delle somme di denaro costitutive di un’azienda, ma parlo di persone, giovani studenti e lavoratori, la leva del domani, insomma quella dimensione che sembra non essere presa in causa, come se fosse un’entità a parte e non il vero fulcro dell’Italia di oggi e del domani, perchè credetemi lo è.

Bisogna anche precisare il fatto che paghiamo le tasse per servizi, talvolta troppo inefficienti, che spaziano dalle pietose condizioni delle infrastrutture, specialmente al sud, quali ferrovie, strade, ospedali, trasporti, ma anche carenza di personale sanitario, arretratezza dei vari servizi comunali, etc.

Questo tende ad aumentare la sfiducia da parte del cittadino verso l’intero sistema politico, creando un circolo vizioso in cui, alla fine di tutto, a pagarne le spese resterà sempre e comunque il cittadino.

Belli i dati e male tutto, ma in sostanza “Perchè Politica ed Economia non vanno d’accordo?
La conclusione a cui sono arrivato, e che in cuor mio spero non sia veritiera, è che non esiste alcuna comunicazione, ove esistente minima, tra la struttura di governo dell’economia e l’economia stessa.

Non vi è interesse nel percorrere obiettivi reali ed efficienti, nel creare uno scopo comune volto al miglioramento e progresso della società, dimensione che dovrebbe stare in mezzo tra Politica ed Economia. Questo accade perchè, purtroppo, ognuno pensa a tirare l’acqua al proprio mulino e forse anche da troppo tempo.

Perchè se i numeri parlano di riforme economicamente insostenibili, allora vengono proposte lo stesso?
Una domanda che vale 100 milioni ed alla quale è impossibile affiancare una sola e veritiera risposta.

Prima ho accennato al problema dell’Analfabetismo funzionale e di come questo colpisca circa il 20% della popolazione.
Ma chi non è in grado di leggere un programma politico, potrà mai essere in grado di valutare in maniera oggettiva la fattibilità di una riforma economica?

La risposta è presto detta.
E allora aveva forse ragione Andreotti quando diceva che “A pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”

di Mattia Damasco, ETF Italia

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