Se qualche anno fa ci avessero detto che, in tutti i paesi del G7, l’inflazione avrebbe raggiunto i massimi storici, saremmo stati scettici, ma se ci avessero detto che il Paese del Sol Levante, quinta potenza economica mondiale, non ne avrebbe visto neanche l’ombra, ci saremmo fatti due risate.
Eppure dobbiamo ricrederci, perché in un periodo così turbolento, caratterizzato da un conflitto mondiale, il prezzo delle materie prime alle stelle e livelli preoccupanti di inflazione tra l’8 e il 9%, il Giappone guarda tutti dall’alto della sua “elevata” inflazione che oscilla tra un misero 2-2.5%.
Come se non bastasse, a differenza della BCE, la FED o la BoE che stanno aumentando i tassi di interesse per cercare di contenere questo tsunami inflazionistico, la Bank of Japan ha comunicato che continuerà ad acquistare tutte le obbligazioni necessarie per mantenere i rendimenti a 10 anni allo zero per cento.
Come si spiega questa situazione?
Esiste un detto molto interessante in economia, che in buona sostanza dice che “Il fattore chiave che determinerà il tuo futuro finanziario non è l’economia, il fattore chiave è la tua filosofia”.
Quando si cerca di dare una spiegazione all’inflazione, molti si rifanno solamente al prezzo delle materie prime ed al rallentamento della logistica globale, ma questo non serve a spiegare perché il Giappone non sia colpito da un’inflazione ingovernabile.
Com’è possibile allora? Il Giappone è forse meno dipendente dalle materie prime rispetto ad altri paesi?
In realtà no, anzi il Giappone è importatore di quasi tutto ciò che consuma e quindi dovrebbe essere più esposto all’aumento vertiginoso che hanno subito i prezzi delle materie prime in quest’ultimo periodo.
Inoltre non si spiegherebbe l’inflazione in USA che è il primo produttore al mondo di petrolio e non solo.
Per cercare di dare una spiegazione a questo ambiguo, quanto affascinante, fenomeno dobbiamo tenere in considerazione una mentalità ed un modus operandi totalmente differente da quello occidentale.
Oramai è assodato che in quasi tutti i paesi Occidentali le aziende fronteggiano l’aumento dei prezzi delle materie prime scaricando quest’ultimi sul consumatore. Diversamente avviene in Giappone, in cui regna una mentalità deflazionistica e le aziende non provano neanche ad alzare i prezzi poiché temono dei possibili squilibri pubblici. Allo stesso tempo i lavoratori, oramai abituati a decenni di retribuzioni stagnanti, non chiedono un aumento che porterebbe loro ad avere più potere d’acquisto.
Insomma, siamo di fronte ad un meccanismo che funziona da anni e che lascia tutti parzialmente vincitori.
Un secondo motivo che spiega il perché di questa particolare situazione ci è data dal governatore della Bank of Japan, Haruhiko Kuroda, il quale ha spiegato come il concetto di zero inflation norm sia ormai instaurato all’interno della società stessa. Difatti egli ha affermato che “In Giappone tutti agiscono di concerto per mantenere i prezzi invariati”.
Questo ci porterebbe davanti ad una sorta di equilibrio di Cournot in cui le aziende sanno che un minimo aumento dei prezzi porterebbe ad un calo della domanda più che significativo. Ergo la curva di domanda assumerebbe la forma di una Kinded Demand Curve per cui, sopra un certo livello di prezzi, la domanda collassa.
Di contro una diminuzione dei prezzi non porterebbe a nessun aumento significativo della domanda.
Una volta analizzate tutte queste dinamiche interne, è importante tenere conto che il Giappone non è ancora tornato ai livelli di PIL pre pandemia, sfociando in una scarsa domanda interna, la quale spiega in parte questa inflazione ancora molto scemata.
A conclusione di questa lunga analisi è bene sottolineare come gli stati hanno risposto a seguito di questa burrascosa pandemia, ovvero con una forte politica fiscale espansiva.
È bene ricordare infatti che una politica fiscale espansiva ha due caratteristiche principali: un incremento della spesa pubblica e la riduzione di entrate nelle casse statali a causa dei tagli alle tasse.
La storia ci ha insegnato che l’abuso di questo tipo di politica è causa di inflazione e recessione. Se è pur vero che in piena pandemia era forse l’unica via perseguibile c’è da dire che ad oggi USA, UK ma anche la stessa Italia, i quali hanno cominciato politiche super espansiva appena ne hanno avuto la possibilità giustificate dalla pandemia da Covid-19, stanno vivendo periodi di instabile crescita inflazionistica mentre il Giappone, che ha deciso di non attuare una politica fiscale troppo espansiva e remissiva, oggi non conosce inflazione. O per meglio dire, il livello di inflazione attuale si attesta all’obiettivo di lungo periodo rincorso dalle principali banche centrali del mondo.
Possiamo quindi asserire, in definitiva, che la presenza di un’inflazione stabile e sotto controllo in Giappone sia dovuta ad una politica monetaria poco accomodante?
Sicuramente questo è uno dei motivi.