ETF Sintetici: cosa sono, evoluzione storica e quando convengono

da | Lug 14, 2022 | Approfondimenti

Negli ultimi anni si è sviluppata tra investitori e consulenti finanziari una maggiore propensione verso la scelta di ETF a replica fisica rispetto agli ETF a replica sintetica che utilizzano swap o derivati. Ciò è guidato da uno scetticismo sul fatto che gli ETF a replica sintetica ​​​​possano avere commissioni nascoste o comportare rischi eccessivi, a differenza di quanto accade con gli ETF a replica fisica che acquistano i titoli sottostanti di un indice, percepito dagli investitori come una modalità più semplice e trasparente.

 

Analizziamo nel dettaglio quali sono le differenze tra la replica fisica e quella sintetica.

Gli ETF a replica fisica totale (o completa) riproducono l’andamento di un indice attraverso l’acquisto di tutti i titoli che lo compongono, ciascuno con il proprio peso corrispondente del paniere. Per gli indici costituiti da un numero elevato di titoli o da titoli poco liquidi spesso viene utilizzata una variante di questo metodo, definita “replica fisica parziale” (o a campionamento). In questo caso l’ETF non acquista tutti i titoli di cui è composto l’indice, ma solo un campione molto rappresentativo di esso. In tal modo si riescono a limitare i costi di negoziazione e di ribilanciamento che, se troppo elevati, possono generare sotto-performance.

In caso di replica sintetica, l’ETF investe il patrimonio in un paniere di valori mobiliari ed allo stesso tempo sottoscrive una o più operazioni swap con lo scopo di scambiare su base giornaliera la performance dei titoli mobiliari nei quali ha investito con la performance dell’indice sottostante. La controparte delle operazioni swap è rappresentata da una o più banche di investimento internazionali che garantisce che il rendimento sia corrispondente al benchmark. Il vantaggio principale di questo metodo è che l’ETF riduce al minimo gli scostamenti con l’indice di riferimento, trasferendo alla controparte dello swap il rischio dell’esatta replica del benchmark.

La replica sintetica è particolarmente utile se l’indice contiene titoli inaccessibili, come ad esempio alcune azioni dei mercati emergenti (Cina compresa) o obbligazioni illiquide. Infatti, una Banca d’investimento internazionale ha maggiori possibilità di accesso ai mercati rispetto ad un emittente. (Fonte DWS Xtrackers ETF)

Perchè è presente scetticismo sugli ETF a replica sintetica?

Gli ETF Sintetici sono stati introdotti per la prima volta nel mercato europeo nel 2001, sostenuti da un’ampia gamma di emissioni da parte di Lyxor, Amundi e Xtrackers.

La tendenza ad allontanarsi da questi strumenti è iniziata dalla grande crisi finanziaria globale, ma la svolta è arrivata nel 2011 dopo che il FMI e il Financial Stability Board hanno emesso avvertimenti sul rischio swap conseguentemente al 2008, il tutto accompagnato da una forte propaganda di Blackrock verso la replica fisica.

Di conseguenza gli emittenti di ETF a replica sintetica si sono trovati “costretti” a riadattare e convertire le loro strategie di investimento a favore della replica fisica.

Secondo un rapporto di Morningstar la domanda di ETF Sintetici è crollata passando da un 50% nel 2010 ad un 17% nel 2020 per quanto riguarda gli azionari, mentre per il reddito fisso è scesa dal 35% al 5%.

Tuttavia, negli ultimi 2 anni, gli ETF azionari replicati sinteticamente sono tornati in auge grazie ad alcuni vantaggi offerti.

La struttura sintetica presenta vantaggi fiscali significativi per gli ETF europei in alcuni mercati come gli Stati Uniti dove non sono tenuti a pagare una ritenuta d’acconto sui dividendi. Questo perché i panieri sostitutivi degli ETF sono limitati alle azioni che non pagano dividendi, a differenza gli ETF fisici domiciliati in Lussemburgo pagano una ritenuta d’acconto del 30% sui dividendi azionari statunitensi e gli ETF domiciliati in Irlanda pagano il 15%.

Questo vantaggio ha persino portato Blackrock, fedele sostenitore della replica fisica, a lanciare lo scorso settembre l’Ishares S&P 500 Swap UCITS ETF, fornendo un chiaro segnale di un cambio di tendenza da parte degli investitori verso ETF azionari sintetici replicanti i mercati USA.

Insieme ai vantaggi fiscali, gli emittenti di ETF sintetici hanno introdotto una serie di misure per migliorare la struttura, comprese le controparti multi-swap. In precedenza utilizzavano un’unica controparte, in genere era la propria banca d’investimento madre, che lasciava gli investitori potenzialmente a disagio riguardo al rischio di controparte coinvolto, soprattutto subito dopo la grande crisi finanziaria.

Secondo un rapporto di Morningstar la situazione è ora cambiata, con la maggior parte degli emittenti di ETF che utilizzano un modello di controparte multi-swap. “L’uso più comune di più controparti swap è un gradito sviluppo della mitigazione del rischio nella gestione degli ETF sintetici”, ha affermato Garcia-Zarate (Direttore centro ricerca ETF Morningstar). Il rapporto ha aggiunto che gli emittenti di ETF ora rivelano l’intero contenuto dei panieri di garanzie, offrendo un altro passo verso il miglioramento della trasparenza.

La ripresa degli ETF Sintetici è inoltre favorita dall’accesso a mercati difficilmente accessibili per gli investitori come la Cina e la sovraperformance generata in quest’ultimo e in particolare nelle azioni di tipo A, un segnale dei benefici della struttura swap.

A maggio, Invesco ha lanciato due ETF sintetici China A-Shares, l’Invesco S&P China A MidCap 500 Swap Ucits ETF e l’Invesco S&P China 300 Swap UCITS ETF, che hanno raccolto in poco più di due mesi complessivamente circa 227 milioni di dollari di patrimonio gestito.

 

Questi vantaggi evidenziano perché gli ETF sintetici non dovrebbero essere trascurati in determinati mercati come la Cina e possano offrire vantaggi fiscali sul marcato azionario USA.

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